IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile n. 3403/1987 r.g. tra Karadar Hildegard, con l'avv. proc. Ugo Vanzetta, come da delega in atti, attrice, e Rovari Guerrino, con l'avv. proc. dom. Francesco D'Avino, come da delega in atti, convenuto. Con atto di citazione notificato in data 31 novembre 1987 Karadar Hildegard, ved. Marseiler conveniva in giudizio Rovari Guerrino. Premetteva di essere proprietaria della casa sita in Cornaiano/Appiano, via Belvedere n. 15/4, tavolarmente contraddistinta come p.ed. 1778 in p.t. 419/II c.c. Appiano, come da estratto tavolare che produceva e di avere ivi convissuto con Guerrino Rovari per un certo periodo, sino al 1980 all'incirca. Aggiungeva che i rapporti si erano deteriorati, ma che ciononostante Rovari, pur essendo cessata la convivenza, continuava ad occupare nella casa una camera al primo piano, nonche' al pianoterra un garage da lui adibito a laboratorio, un locale accessorio ed un gabinetto. Assumeva che tale occupazione era da considerarsi illegittima, perche' carente di qualsivoglia titolo e da tempo divenuta intollerabile per essa esponente. Domandava quindi che venisse accertato che il convenuto occupa senza idoneo titolo i predetti locali, con conseguente condanna di quest'ultimo all'immediato rilascio degli stessi. Costituitosi con comparsa dd. 16 dicembre 1987, il convenuto assumeva di avere costruito la predetta casa insieme con l'attrice e su proposta della stessa, su terreno di proprieta' esclusiva di quest'ultima, ma nella comune intenzione che lui - gia' titolare di una rinomata autofficina in Bolzano e venduta a terzi per potere impiegare tutte le sue energie e i suoi risparmi nella realizzazione della casa -, avrebbe continuato ad esercitare la sua attivita' di meccanico, mentre essa attrice avrebbe potuto svolgere l'attivita' di affittacamere per turisti. Assumeva di avere contribuito con 12 milioni ad acquistare altro terreno confinante di ca. 10.000 mq al prezzo di 19 milioni, affinche' potesse essere realizzata tutta la cubatura del progetto, nel frattempo commissionato ad un architetto ed acconsentendo all'intestazione del terreno esclusivamente in favore dell'attrice. Assumeva ancora di essersi accordato col mezzadro affinche' lasciasse il terreno, versandogli l'indennita' di lire 2.000.000 -, di avere pagato le spese notarili ed ogni altra imposta e tassa conseguente al trasferimento. Aggiungeva che dal 1970 al 1972 si era occupato esclusivamente della costruzione della casa, stipulando contratti di opera con varie ditte artigiane, pagando con denaro proprio l'architetto, il direttore del lavori e diversi artigiani e contribuendo infine all'acquisto di tutto il mobililo ed arredo nella misura del 90%. Aggiungeva infine che, cessata la convivenza, il legale della sig.a. Karadar gli aveva offerto ancora nel 1980 a tacitazione di ogni spettanza per le somme da lui versate per l'acquisto del terreno e la costruzione della casa l'importo di lire 50 milioni, importo non accettato, assumendo di avere spesso tale cifra gia' nel periodo 1970/71 e che, intendeva quindi ottenerne rivalutazione ed interessi che la sig.a Karadar non gli voleva riconoscere. Tutto cio' premesso chiedeva la reiezione della domanda attorea e riconvenzionalmente che venisse accertata l'esistenza di una societa' di fatto o irregolare fra l'attrice e il convenuto, avente ad oggetto la costruzione della casa e lo sfruttamento di essa come officina meccanica e come locale per l'esercizio dell'attivita' di affittacamere o, in subordine, l'esistenza di una comunione a scopo di godimento e di riconoscere di conseguenza che esso convenuto e' proprietario al 50% della casa e del terreno su cui essa sorge nonche' del terreno contiguo acquistato; in ulteriore subordine domandava che venisse accertato che esso convenuto ha eseguito la costruzionedella casa su terreno di proprieta' dell'attrice e, ritenuto che costei (con la proposizione della domanda ha manifestato la volonta' di ritenerla), condannare quest'ultima a pagargli il prezzo delle opere e materiali, ex art. 936 c.c. con gli interessi e la rivalutazione ed in via ancora subordinata accertare che ha speso per l'acquisto del terreno, la costruzione e l'arredo della casa l'importo di lire 50 milioni, condannare l'attrice al rimborso di tale importo rivalutato dal 1972 ad oggi e maggiorato degli interessi di legge. Replicava l'attrice, contestando recisamente che Rovari avesse partecipato alla realizzazione della casa o investito mezzi suoi propri o che si fosse altrimenti attivato, al di fuori di una mera collaborazione saltuaria ed occasionale con l'attrice, connaturata ad un mero rapporto di convivenza allora in essere fra le parti. Assumeva che dal 1969 in poi per tutta la durata della convivenza fra le parti, l'attrice aveva, sempre sostenuto di tasca propria tutte le spese del menage comune e dal 1972 in poi alloggiato gratuitamente il convenuto e anche dopoche', a far tempo dal 1980, essi piu' non convivevano. Ammetteva che dal 1969 al 1980, di ben 11 anni di convivenza Rovari aveva versato ad essa attrice degli importi di denaro, per il complessivo ammontare di diversi milioni, ma ben lontani dal raggiungere l'importo di lire 50 milioni; importi che arrivavano neppure a coprire le spese del menage comune sostenute dall'attrice e senza tener conto alcuno dell'attivita' lavorativa da essa prestata in casa. Aggiungeva che in ogni caso, risalendo ad epoca ben anteriore al decennio precedente l'inizio della causa, ogni pretesa restitutoria sarebbe comunque prescritta. Aggiungeva infine che nulla le risulterebbe delle pretese offerte fatte dal proprio legale di all'ora, nel frattempo deceduto. Concludeva quindi per la reiezione delle domande riconvenzionali, anche per effetto di compensazione delle poche erogazioni di denaro effettuate dal medesimo in favore dall'attrice con l'equo corrispettivo per il vitto e l'alloggio e le prestazioni accessorie (lavaggio e stiraggio biancheria, pulizia vestiti e quant'altro) dall'attrice prestate in favore del convenuto dal 1969 al 1972 in casa del convenuto e dal 1972 al 1980 in casa dell'attrice e per il solo alloggio (con relativi consumi) dal 1981 al 1988, corrispettivo da rivalutarsi alla stessa stregua dei pagamenti effettuati dal convenuto in favore dell'attrice. Domanda inoltre che venisse dichiarata prescritta l'eventuale obbligazione restitutoria di tali pagamenti anteriori al 16 dicembre 1977. All'udienza del 13 ottobre 1988, per porre fine ad una situazione di intollerabile coabitazione, le parti raggiungevano un'accordo parziale, nel quale il convenuto si obbligava di rilasciare l'immobile e l'attrice si obbligava di pagargli all'atto del rilascio la somma di lire 50 milioni, precisando esplicitamente che tutte le questioni dibattute, ivi compresa la ripetizione dell'importo di lire 50 milioni, ove esso non risultasse dovuto in esito all'istruttoria, dovevano restare impregiudicate da tale atto. Il rilascio ed il pagamento della somma avvenivano in data 3 novembre 1988. La causa proseguiva quindi per le questioni dibattute, compresa quella relativa alla ripetizione della su indiceta somma ed alla correlativa eccezione di prescrizione avanzata dall'attrice, convenuta in via riconvenzionale. Disposta consulenza tecnica, il CTU stimava i costi di costruzione in lire 37 milioni circa, riferiti all'epoca di costruzione (primi anni settanta) ed il valore di mercato dell'intero immobile in 400 milioni all'incirca, riferito alla fine del 1990. Assunte le prove orali, la causa veniva trattenuta in decisione. Orbene, a parere di questo collegio, nel caso concreto appare difficilmente prospettabile l'ipotesi della costituzione di una societa' di fatto tra le parti, perche' nessuna attivita' imprenditoriale, ne' di affittacamere ne' di autofficina sembra mai essere stata esercitata. La casa e' stata destinata dalle parti allo scopo esclusivo di viverci e non per trarre guadagno, neppure tramite cessione a terzi od altro. Ne' appare ricorrere un'ipotesi di comunione di godimento, dato che questa, avendo per oggetto un immobile (casa di abitazione), avrebbe dovuto essere fatta per iscritto, a pena di nullita' (ex art. 1350 n. 3 cod. civ.). Alla luce delle prove assunte, il convenuto sembra avere tuttavia contribuito in misura rilevante alla realizzazione della casa, costruita sul suolo di proprieta' personale ed esclusivo della convivente e quindi di appartenenza esclusiva di quest'ultima in virtu' delle disposizioni generali in materia di accessione e sembra vantare quindi un ipotetico diritto di credito relativo al valore dei materiali e della manodopera impiegati nella costruzione (arg. Cass. 651/1996). Le elargizioni di cui sembra raggiunta la prova per importi rilevanti, se rapportati ai costi di costruzione dell'immobile, appaiono inotre superiori alle eventuali controprestazioni per vitto, alloggio e alle prestazioni accessorie, di cui resta comunque dubbio se possano essere dedotte in compensazione, per la parte in cui vanno riferite agli anni di effettiva convivenza. Tuttavia il diritto restitutorio degli importi, sborsati all'epoca di costruzione della casa e qundi tra il 1970 e il 1972, sembra prescritto, alla luce dell'eccezione sollevata da parte attrice. Invero, secondo l'insegnamento della suprema Corte le trattative per comporre bonariamente la vertenza, le proposte, le concessioni e le rinunzie fatte dalle parti a scopo transattivo, se non raggiungono l'effetto desiderato, non avendo come proprio presupposto l'ammissione totale o parziale della pretesa avversaria e non rappresentando, quindi, riconoscimento del diritto altrui, non hanno efficacia interruttiva della prescrizione. Sicche' nessun effetto interruttivo pare potersi attribuire all'asserita offerta di pagamento di 50 milioni fatta dal legale della signora Karadar all'odierno convenuto ancora nel 1980 a tacitazione di ogni spettanza. Ne' al sopramenzionato accordo parziale, raggiunto all'udienza del 13 ottobre 1988, sembra potersi attribuire valore di rinuncia tacita alla prescrizione, considerato che le esplicite riserve in tale occasioni formulate impediscono di riconoscere quella univoca volonta' di non sollevare l'eccezione di prescrizione richiesta dall'art. 2937 cc. Ne' paiono allo stato provati altri validi atti interruttivi della prescrizione. L'art. 2941 cod. civ. n. 1, invocato dalla difesa del convenuto e secondo cui nei rapporti tra coniugi la sospensione della prescrizione fino al venire meno del rapporto di coniugio, non appare applicabile, essendo i casi di sospensione della prescrizione tassativamente indicati dalla legge ed insuscettibili di applicazione analogica o di interpretazione estensiva, secondo l'insegnamento della suprema Corte di cassazione. Se l'articolo citato fosse applicabile al caso di specie, esso sposterebbe l'inizio del decorso del periodo prescrizionale dal pagamento (1970-72) alla cessazione della convivenza (1980) e di conseguenza ogni eventuale pretesa restitutoria del convenuto sarebbe tempestiva. Ne consegue che il giudizio non appare definibile indipendentemente dalla risoluzione della questione di costituzionalita' dell'art. 2941, n. 1 cod. civ., sollevata dalla difesa di parte convenuta, in relazione all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non parifica ai coniugi, persone unite da un vincolo di stabile convivenza more uxorio. Di qui la rilevanza della questione. L'art. 2941 cod. civ., razionalmente collega la sospensione della prescrizione tra persone legate tra di loro da particolari legami familiari, agevolmente riscontrabili anche nella convivenza more uxorio fondata non soltanto sulla affecito quotidiana, ma altresi' sulla abituale, stabile convivenza materiale, la cui cessazione potra' e dovra' essere accertata, caso per caso, a meno che non venga, come nel caso di specie, pacificamente ammessa dalle stesse parti, con riferimento ad epoca sufficientemente certa. Del resto anche l'ultima ipotesi prevista dall'art. 2941, n. 8 cod. civ. richiede un'apposita prova della sussistenza del dolo e della sua scoperta, circostanza che costituisce riprova del fatto che l'asserita assoluta certezza ex ante del periodo di sospensione della prescrizione non e' assunta dal legislatore come elemento indefettibile della fattispecie, ma che potra' e dovra' essere oggetto di idonee iniziative probatorie di parte e quindi di finale libera valutazione del giudice. Del resto, in varie occasioni la stessa Corte costituzionale (cfr. sentenza 18 novembre 1986 n. 237) ha riconosciuto che un consolidato rapporto more uxorio non e' affatto costituzionalmente irrilevante, specie quando si abbia riguardo alle manifestazioni solidaristiche insite in quel rapporto, tanto da avere in talune occasioni indotto la stessa Corte a dichiarare costituzionalmente illegittime determinate norme che dell'esistenza di un simile rapporto non tenevano conto (cfr. sentenza della Corte costituzione n. 404 del 7 aprile 1988, sentenza n. 559 del 20 dicembre 1989). Peraltro la ratio della norma che prevede la sospensione della prescrizione tra coniugi puo' ragionevolmente ravvisarsi nella sostanziale inesigibilita' di comportamenti, come quelli - di carattere contenzioso - in cui si concretizza l'atto interruttivo della prescrizione al fine di fare valere un diritto nei confronti dell'altro, i quali si pongono virtualmente in contrasto con la struttura di armonia d'interessi e d'affetti che normalmente caratterizzano una situazione di convivenza a carattere familiare. Appare quindi principalmente proprio il fatto della convivenza - e i relativi contenuti di solidarieta' e di reciproca comprensione - che sembrano essere alla base della particolare sensibilita' con la quale il legislatore ha ritenuto di non richiedere alle parti interessate atti interruttivi della prescrizione, salvaguardando tuttavia i loro reciproci diritti, in caso di cessazione della convivenza attraverso l'istituto della sospensione. Ove poi si consideri che per giurisprudenza costante della suprema Corte di cassazione costituisce diritto vivente che la sospensione della prescrizione tra coniugi operi addirittura anche durante il regime di separazione personale, la prospettata ingiustificata disparita' di trattamento appare ancora piu' evidente ed incomprensibile. Sembra infatti irragionevole e viziata da contraddittorieta' logica la previsione di legge della sospensione in caso di attenuazione o addirittura di cessazione della convivenza, come avviene in caso di separazione (quando spesso i rapporti tra i coniugi hanno assunto ormai carattere contenzioso) escludendo invece tale effetto giuridico in casi in cui la convivenza sia pienamente e stabilmente in atti, come nell'ipotesi di un integro rapporto more uxorio. Appare percio' costituzionalmente ingiustificabile, e quindi illegittimo, disconoscere ai fini dell'applicazione dell'istituto de qua quelle ragioni - talvolta assai profonde ed ormai largamente accettate e riconosciute nella societa' - che nell'ambito di una simile stabile convivenza possono costituire effettiva remora per il compimento di quegli atti che sono normalmente necessari ai fini di evitare la prescrizione dei diritti nei confronti del partner, e riconoscerle invece in ipotesi di separazione personale quando simili inibizioni normalmente non sussistono piu'. In tali termini, ed a limitati fini della sospensione della prescrizione, appaiono del tutto identiche o comunque parificabili le situazioni del convivente more uxorio con quella di chi conviva con il proprio partner, e potenziale futura controparte, unito da matrimonio. Cio' posto, la discriminazione attualmente rinvenibile all'interno della norma denunciata, tra le due descritte situazioni, si pone in contrasto tanto con l'art 3 della Costituzione, che enuncia il fondamentale principio della eguaglianza sia formale che sostanziale dei cittadini, quanto con l'art. 2 della Costituzione, il quale - al di la' della specifica tutela della famiglia legale accordata dall'art. 29 della Costituzione - tutela altresi' i diritti inviolabili dell'uomo anche nelle formazioni sociali, storicamente e socialmente affermatesi (tra le quali puo' ormai annoverarsi, per la sua diffusione ed accettazione sociale, anche quel particolare consorzio affettivo, solidaristico e parafamillare quale la convivenza more uxorio), ove si svolge la sua personalita'. Si ritiene pertanto rilevante ai fini della decisione e non manifestamente infondata l'eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 2941 n. 1 cod. civ. nella parte in cui non parifica ai coniugi le persone unite da vincolo di stabile convivenza more uxorio in relazione agli articoli 2 e 3 della Costituzione.